Tempo addietro dialogando con mio figlio Mirco, ne sollecitavo la riflessione come benessere e la libertà di cui godeva, non erano piovuti dal cielo bensì frutto di dure lotte e sacrifici oggi inimmaginabili, dei quali anche suo nonno Baffè Luigi detto Gino contribuì al solo scopo del bene comune e senza nulla chiedere.
Nato a Imola in provincia di Bologna il 15 ottobre 1908 da famiglia poverissima, penultimo nato di otto tra fratelli e sorelle. Appena terminata la quarta elementare, fu mandato "a garzone" da un calzolaio che girava i casolari della bassa Imolese, fermandosi in quelli ove fosse richiesta l' opera di un ciabattino (all'epoca, nelle campagne, era largamente praticato il lavoro a domicilio e, piuttosto diffuso, il lavoro minorile). I suoi genitori, che stentavano a mettere insieme il pranzo con la cena, furono doppiamente contenti di questa soluzione, anzitutto perchè avrebbe consentito a Luigi di imparare un mestiere e, nel contempo, gli avrebbe risolto il problema pranzo poichè era consuetudine nel mondo rurale ospitare alla propria tavola gli artigiani itineranti. Di soldi neanche l'ombra, però a volte rientrava a casa con un cartoccio di farina o una bottiglia di latte, preziosi doni della generosità contadina.
Più grandicello frequenta una scuola serale per disegnatore modellista a indirizzo calzaturiero. Ancora giovinetto matura la sua avversione per il fascismo; nottetempo, non visto, munito di pennello e vernice, dipinge l'effige di Giuseppe Garibaldi sui muri degli edifici che costeggiano le strade (Garibaldi nell'immaginario collettivo simboleggiava l'affrancazione dalla dittatura); una di queste effigi era ancora visibile fino a pochi anni addietro su una casa nei pressi di Sesto Imolese). I fascisti sono furibondi ma nonostante gli sforzi non riescono a individuare il giovane "sovversivo".
Col tempo la sua maturazione politica si consolida, aderisce presto al partito comunista e si dedica con passione all'attività clandestina. Il primo settembre 1930 viene arrestato, Il 30 giugno dell'anno seguente viene prosciolto dall'accusa di attività sovversiva. Arrestato nuovamente il 4 settembre, viene incarcerato e tradotto nella casa circondariale di Castelfranco dell' Emilia, poi nel carcere di Fossombrone per il processo, lì giunto subisce ripetute intimidazioni e percosse, in seguito racconterà del trattamento riservato ai politici: In piena notte venivamo bruscamente svegliati e, a caso, uno prelevato per l'interrogatorio. Un compagno di cella che aveva un pesante pastrano (per proteggersi dal freddo diceva argutamente con una strizzata d'occhi), all'occorrenza lo buttava sulle spalle del prescelto, ma vana era la speranza che potesse costituire una protezione sia pur modesta ai colpi che immancabilmente gli sarebbero stati somministrati. Prima dell'interrogatorio il malcapitato veniva regolarmente spogliato e al rientro in cella era pesto e sanguinante.
Il 4 settembre 1931 il tribunale speciale lo condanna a tre anni di domicilio coatto per cospirazione contro il regime fascista. Destinazione Agnone in provincia di Campobasso. Luigi rimane colpito dall'impatto con questa nuova realtà. l'isolamento e l'arretratezza di quelle genti ben si coniuga con la propaganda di regime finalizzato a creare nei residenti un atteggiamento di diffidenza nei confronti degli antifascisti, ma in seguito questo ostracismo sarà in parte superato.
Luigi è giovane, volonteroso, conosce bene il suo mestiere, spinto dal bisogno chiede a un ciabattino del paese la possibilità di lavorare, ma ottiene un netto rifiuto (è da ricordare che alla popolazione locale veniva vietato solidarizzare coi confinati), torna alla carica con insistenza e infine riesce a farsi assegnare alcuni piccoli "ciappini". Da casa gli fanno giungere i suoi attrezzi; il guadagno è più simbolico che reale ma il lavoro è importante per rompere l'isolamento e col tempo il rapporto di collaborazione migliora.
Giungono sul posto altri confinati; vengono organizzate una mensa e una biblioteca popolare. Per finanziare i due progetti, ognuno contribuisce in base alle proprie possiblità. Con quello che rimane dalla gestione della mensa vengono promosse iniziative di solidarietà per aiutare i compagni più indigenti. Questo attivismo non passa inosservato ai maggiorenti fascisti che vedono con preoccupazione la crescente apertura dei paesani nei confronti dei confinati, scattano perciò numerosi provvedimenti di trasferimento verso altre destinazioni.
Nell'estate del '32 Luigi si trova confinato sull'isola di Ventotene. Qui riceve una lettera dal fratello Ottavio che gli comunica di avere partecipato alla "battaglia del grano" e che è stato proposto per un riconoscimento con l'opzione di ottenere un condono per il fratello. Luigi rifiuta l'offerta.
In novembre viene celebrato il decennale dell'era fascista, il regime vuole mostrare la sua magnanimità e in concomitanza delle celebrazioni promulga un'amnistia generale. Luigi rientra tra i beneficiari del provvedimento e viene rilasciato.
Rientrato a casa riallaccia i legami con il movimento clandestino. Il controllo della polizia fascista è efficiente, e asfissiante, 0gni qualvolta a Bologna giungono dei gerarchi, la polizia rinchiude a scopo precauzionale gli antifascisti in carcere. Anche la vita affettiva e lo svago per un ex condannato dal tribunale speciale è dura, la voce si diffonde rapidamente, le ragazze messe in guardia dai genitori per le complicanze che ne possono derivare raramente concedono confidenza. Verso la fine degli anni trenta la famiglia si trasferisce a Bologna in un vecchio caseggiato dalla singolare forma a cuneo denominato "La Punta", sito fuori porta S.Vitale. Questo caseggiato è abitato da famiglie del proletariato urbano, la gran parte animate da sentimenti antifascisti, quì conosce la "pasionaria della Punta", Sarti Cesarina, donna dolce e di forte di carattere. D'apprima simpatizzano poi al fidazamento segue il matrimonio. Il regime offre gratuitamente a tutti gli sposi il viaggio di nozze (solo il mezzo di trasporto), destinazione Roma, colà risiede la zia Pina sorella del babbo che ospita fratello e cognata per una fugace luna di miele.
Al ritorno c'è appena il tempo per salutare lo zio Carlo, fratello della nonna, in partenza per la guerra sul fronte dell' Africa settentrionale (farà ritorno nel 1947 dopo lunga prigionia). Il 4 novembre 1942 la famiglia è allietata dalla nascita di una coppia di gemelli , io e Nadia. Dopo otto giorni il nonno viene richiamato sotto le armi. La guerra infuria su più fronti, la situazione peggiora rapidamente, la vita in città si fà sempre più dura, il cibo è razionato, le proteste della popolazione contro la guerra si fanno sempre più frequenti.
All'inizio del quarantatrè tua nonna viene convocata presso la casa del fascio sita in Via Castelmerlo per comunicazioni che la riguardano, vi si reca confidando nella concessione di una provvidenza, si vede invece consegnare gli attestati "figli della lupa" per me e Nadia. Respingere l'offerta e imprecare contro la guerra non è un buon viatico, viene minacciata di gravi sanzioni e trattenuta fino a sera; sarà poi Giuseppe, suo padre, che venuto aconoscenza dell'accaduto si recherà alla casa del fascio ottenendone il rilascio. Giunge il 25 luglio e con la caduta del fascismo esplode la gioia popolare ma l'euforia ha breve durata; l'otto settembre viene proclamato l'armistizio ma l'esercito italiano e il paese vengono lasciati in balia dei tedeschi.
Tuo nonno è di stanza a Cuneo presso il comando della IV° armata, gli ufficiali del suo reggimento si dileguano, i soldati privi di ordini e dotati del solo armamento individuale sono facilmente catturati dai tedeschi e caricati su carri bestiame diretti in Germania, dentro uno di questi carri anche Luigi che durante una sosta nello scalo ferroviario di Verona getta dal treno un messaggio con preghiera di recapitarlo alla famiglia, verrà raccolto dai volontari della croce rossa e recapitato mesi dopo. Il convoglio prosegue verso nord, all'interno del carro l'aria è irrespirabile, da tre giorni gli uomini sono rinchiusi senza possibilità di evacuare all'esterno, La sorte sembra segnata ma qualcuno non si arrende, il pensiero corre alle famiglie lontane, ai figli, alle mogli, ai genitori. Viene presa la decisione di praticare un'apertura nel vagone per tentare la fuga, con attrezzi di fortuna si lavora con accanimento, all' imbrunire l'apertura è terminata, non è granchè ma è sufficiente per fare passare un uomo. Poco oltre Fortezza il convoglio rallenta, è il momento giusto per tentare la sorte, cominciano a calarsi i primi prigionieri ma subito eccheggiano raffiche e colpi di moschetto, le guardie appostate nelle garitte dei frenatori si sono accorte del tentativo di fuga e sparano; Il panico si impadronisce dei presenti, Luigi è determinato a tentare la sorte, facendosi largo tra gli indecisi, si cala attraverso il foro mentre il convoglio riprende velocità. l'impatto sulla massicciata è alquanto brusco, il caso vuole che rotolando finisca in mezzo ad un provvidenziale roveto che lo nasconde alla vista dei tedeschi, le pallottole gli sibilano attorno ma non lo colpiscono. Graffiato, dolorante ma salvo si rialza, la tradotta è ormai lontana. Dopo un mese, camminando di notte attraverso i campi per evitare di essere catturato, potrà riabbracciare i suoi cari.
Dal suo arrivo a casa e fino al termime della guerra, Luigi è attivo nella IV° brigata partigiana Venturoli Garibaldi; sarà riconosciuto Patriota dal 12 dicembre 1943 alla liberazione.
Finita la guerra c'è un paese da ricostruire e con esso il tessuto sociale ed economico, sono anni difficili, ancorasacrifici e rinuncie, soprattutto sulle spalle dei lavoratori; Luigi con il sostegno e l'incoraggiamento della moglie si impegna nell' attività politico-sindacale all'interno del calzaturificio Magli dove lavora. Lo scontro con l'intransigenza padronale è durissimo, in quegli anni, nel bolognese si conteranno decine di migliaia di lavoratori vittime della repressione antioperaia. Tra questi, Luigi licenziato il 30 novembre 1949 colpevole di avere lottato perchè venisse garantito e tutelato il lavoro come previsto dalla Carta Costituzionale.