Per gentile concessione dell'autrice Eleonora Buzziolo, vincitrice della Prima Edizione del Premio Diana Sabbi.
A sessant’anni dalla Liberazione risulta evidente la notevole disparità di studi riguardanti la partecipazione maschile e quella femminile alla Resistenza in Friuli.
La mia ricerca vuole indagare su questo fenomeno storico e ricostruire le modalità di partecipazione alla lotta, le origini sociali e le componenti ideologiche delle partigiane che operarono in territorio friulano, il cui contributo alla liberazione dall’oppressione nazi-fascista, seppur notevole, è stato in larga misura sottaciuto.
Le mansioni svolte dalle partigiane friulane, i pericoli affrontati e la formazione familiare che le portò a far parte della Resistenza furono sicuramente assimilabili a quelle di molte altre donne che fecero la loro stessa scelta nel resto dell’Italia, ma le caratteristiche geografiche, economiche, politiche e sociali del luogo diedero alla Resistenza femminile friulana delle peculiarità del tutto singolari.
Infatti, la Resistenza in Friuli, pur essendo parte integrante e cospicua della Resistenza nazionale, presenta aspetti specifici ed originali che non possono essere trascurati soprattutto per comprendere a fondo le caratteristiche della partecipazione femminile.
Innanzi tutto vi è la posizione geografica della regione, vero e proprio crocevia logistico–operativo fra il fronte italiano, la Germania meridionale e i Balcani, che fece da catalizzatore degli interessi dei tedeschi che non potevano permettersi di perdere il controllo sul territorio, sia per non precludersi la discesa verso la Jugoslavia e l’Italia meridionale, sia per avere una via di fuga verso casa.
Anche gli sloveni rivolgevano i loro interessi verso il Friuli, sia per un’unione di forze con la Resistenza garibaldina contro il nemico comune, sia mirando a conquiste territoriali.
La vicinanza del movimento di liberazione sloveno fu, infatti, uno dei maggiori problemi di attrito tra le varie componenti della resistenza regionale: influenzò decisioni, modi e tempi di agire e coinvolse tutti, uomini e donne.
La società friulana, poi, non è mai stata fortemente industrializzata, mancando le grosse fabbriche tipiche per esempio delle grandi città come Torino o Milano, ma si è sempre basata su un’economia prevalentemente rurale e contadina.
Ciò ha fatto mancare tutto quel vasto substrato operaio, anche femminile, fortemente politicizzato e antifascista che, abituato alla lotta in fabbrica, reagì compatto all’occupazione nemica e andò a ingrossare le file della Resistenza.
Per contro si deve notare come in Carnia le donne vantassero un’abitudine all’autonomia consolidata e non trascurabile, a causa della forte emigrazione dei maschi che le lasciava sole per lunghi periodi a gestire famiglia e beni.
Ci fu poi un’ulteriore particolarità che contraddistinse la lotta di liberazione in Friuli e fu la necessità di combattere non solo contro tedeschi e fascisti, ma anche contro i cosacchi. Questo popolo, con usi e costumi estremamente particolari e incomprensibili agli occhi degli abitanti friulani, scese dalla steppa russa con al seguito carri, donne, bambini e l’intenzione di stabilirsi in questa zona a loro promessa dai tedeschi, attuando quindi una vera e propria invasione dei territori.
Ho ritenuto, quindi, che l’unico modo valido per ricostruire questa parte di storia, mancando il materiale scritto, fosse quello di parlare direttamente con le protagoniste per comprendere appieno l’ambiente in cui si svolsero i fatti, i problemi legati al periodo storico e la visione che le donne stesse avevano di ciò che stavano vivendo. Mi sono resa conto che questa sarebbe stata una delle ultime ricerche basate sulla storia orale, per l’ovvia considerazione che i protagonisti e le protagoniste della Resistenza stanno man mano scomparendo.
La ricerca delle testimoni è stato dunque il primo problema da risolvere ed a questo scopo ho chiesto aiuto all’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, che mi ha dato il primo contatto nella persona della Sig.ra Fidalma Garosi Lizzero. Durante il primo colloquio la Sig.ra Garosi mi ha dato a sua volta indicazioni per incontrare altre due partigiane.
La catena di conoscenze personali si è interrotta lì e quindi ho dovuto cercare un’altra strada. Mi sono recata alla sezione provinciale di Udine dell’ANPI, dove ho cercato nelle tessere associative del 2004 di tutte le sezioni della provincia di Udine i nominativi femminili che avessero avuto la qualifica di partigiana e che non facessero parte della sezione “estero”. Sulle tessere, infatti, non c’è alcun’indicazione di dove queste donne abbiano combattuto, se in Friuli o in altre regioni italiane: l’unica annotazione specifica è se combatterono all’estero.
Fatta questa prima scrematura avevo in mano 30 nominativi, ma non trovando tutti i recapiti telefonici, il numero delle possibili testimoni si ridusse a 22: le altre, infatti, non figuravano perchè spesso sposandosi avevano assunto il cognome del marito o si erano trasferite o per varie altre motivazioni.
Cominciando a prendere contatto con le testimoni ho scoperto che 2 di loro avevano combattuto in altre parti d’Italia (e quindi non potevano far parte del mio campione) e 10 non hanno accettato di essere intervistate, principalmente per problemi fisici che impedivano loro di stancarsi o perchè il ricordo era troppo doloroso e volevano dimenticare. Rispettando la loro scelta ho proseguito la mia ricerca e fortunatamente 10 donne hanno accettato di buon grado.
Sono andata poi all’APO (Associazione Partigiani Osoppo) e anche loro mi hanno fornito i nominativi di 2 partigiane che sapevano avrebbero accettato, anche perchè tuttora attive nell’associazione.
In conclusione il mio campione di testimoni è composto da 15 donne di cui 4 avevano combattuto nelle file della Brigata Osoppo e 11 nella Garibaldi e che, forse per un caso fortuito, sono ben distribuite sul territorio friulano: vanno dalla Bassa, alla Carnia, da Udine città alla zona del pordenonese e spilimberghese, non tralasciando l’importante zona collinare. Ho potuto avere così un’immagine specifica e ben caratterizzata delle particolarità locali che mi ha permesso di comprendere a fondo le vicende di quell’epoca.
Come strumento fondamentale di lavoro per le interviste ho usato il registratore e solo nel caso di una protagonista, che provava imbarazzo a esprimersi davanti al microfono, ho dovuto ricorrere ad una trascrizione basata su appunti scritti.
Prima che le intervistate cominciassero a raccontare leggevo loro una sorta di questionario riguardante vari argomenti, come l’educazione ricevuta, le motivazioni che le avevano spinte alla scelta della Resistenza, le mansioni e i ruoli che avevano ricoperto. Tutto ciò aveva l’unico scopo di rompere il ghiaccio e di aiutarle a ricostruire i ricordi che dopo tanto tempo potevano essersi affievoliti e dare loro una traccia per raccontare la propria vita. Nel corso del racconto cercavo di intervenire il meno possibile.
La seconda parte del lavoro è consistita nella trascrizione completa del racconto registrato, che ho cercato di mantenere il più fedele possibile al testo parlato, conservando vocaboli ed espressioni delle protagoniste ma collegandoli con nessi chiarificatori quando il discorso poteva apparire oscuro e il linguaggio parlato si discostava troppo dallo scritto. Per risolvere i punti dubbi sono ritornata da alcune partigiane intervistate e ne ho discusso con loro.
Due donne mi hanno rilasciato l’intervista in friulano e per ovvie ragioni di comprensione ho provveduto a tradurle, lasciando però in lingua originale le espressioni che rendevano meglio il discorso.
Altre avevano già delle memorie scritte, pubblicate o inedite, che sono state molto utili per completare e integrare le biografie.
Molte di loro mi hanno fatto vedere foto, documenti, tesserini di riconoscimento e altro materiale inedito che ho ritenuto interessante allegare in appendice, così come le trascrizioni integrali delle testimonianze e altro materiale fotografico conservato negli archivi dell’IFSML e dell’ANPI.
Nel corpo della tesi ho inserito delle parti prese direttamente dalle interviste e che talvolta hanno dovuto subire un rimontaggio perchè la protagonista aveva trattato lo stesso argomento in parti diverse dall’intervista, magari cambiando discorso e poi ritornando su quello originario. Al termine di ogni parte rimontata ho inserito tra parentesi un numero che corrisponde alla pagina dell’intervista cui si fa riferimento.
Il libro è scaricabile sia in formato PDF sia in formato EPUB