Entrai nella Resistenza nel maggio 1944 unendomi alla brigata «Stella rossa» insediata nella zona di monte Sole.
In precedenza avevo collaborato con la brigata portando al comando le informazioni che mi giungevano, agevolato anche dal fatto che ero dipendente delle ferrovie in servizio alla stazione di Bologna centrale.
In brigata fui aggregato al battaglione comandato da Alfonso Ventura, battaglione che in seguito fu diviso in compagnie e io entrai a far parte di quella comandata da Guerrino Avoni.
La mia compagnia subì un primo rastrellamento il 24 giugno in località Podella di monte Sole.
Nonostante che i fascisti e i tedeschi fossero moltissimi e noi solo un centinaio circa (la mia compagnia era composta di 50 uomini) riuscimmo a contenerli e poi a costringerli alla fuga e noi combattemmo in particolare nella zona di Podella e Casetta.
Non subimmo alcuna perdita e dopo il combattimento ci radunammo a Cerpiano per riorganizzare le forze della brigata, che ormai era al centro dell’attenzione tedesca. Poi decidemmo di spostarci in direzione di Zocca, zona che ritenevamo più sicura e lo spostamento avvenne in ordine.
Poco dopo però avvennero dissidi tra il comandante della brigata Mario Musolesi (il Lupo) e il comandante di battaglione Sugano Melchiorri il quale, non considerando sicura la zona, intendeva spostarsi a Montefiorino per unirsi alle forze di Armando.
Il Lupo invece voleva restare in quella che era la sua terra, anche perché credeva che fosse il luogo utile per ricevere dei lanci di armi dagli alleati.
I dissensi divennero gravi a tal punto che si giunse a chiedere ai partigiani chi voleva andare con Sugano e chi voleva restare col Lupo.
Si giunse addirittura ad uno scontro molto duro, faccia a faccia, tra i due comandanti, anche perché il Lupo voleva che quelli che se ne andavano con Sugano gli lasciassero le armi.
Sugano disse che le armi se le era conquistate e che non le mollava. Lo scontro diretto, armi alla mano, che ormai sembrava inevitabile, fu invece evitato grazie alla paziente azione intermediatrice di Floriano Sita, un giovane operaio della «Ducati», che svolgeva funzioni di commissario.
Alla fine Sugano se ne andò insieme a un centinaio di uomini, ed armi, mentre noi, dopo essere rimasti qualche giorno nella zona di Zocca, ritornammo a monte Sole, dove ci riorganizzammo.
Poi le formazioni della brigata si spostarono in varie direzioni e il battaglione di cui facevo parte si indirizzò verso Pietramala, in parte per rallentare la tensione che c’era in brigata, e anche perché nella zona c’era uno sciopero degli operai della «Todt» che erano in servizio presso l’aviazione tedesca e noi intendevamo aiutare lo sciopero operaio.
Nella zona avemmo uno scontro coi tedeschi, al quale anch’io partecipai. Ricordo che durante lo scontro, il compagno Cevenini, detto «il biondo», sparò con un mitragliatore dentro l’accampamento tedesco causando perdite e un fuggi fuggi generale.
Dopo questa azione ritornammo a monte Sole, nelle posizioni precedenti, cioè alla Podella, dove avrebbe dovuto esserci un lancio. Udimmo la parola d’ordine «Mario si prepari», facemmo i segnali necessari e poi arrivò un aereo: soltanto che invece di lanciarci le armi attese, l’aereo lanciò dei bengala e poi delle bombe incendiarie.
La notte del 29 settembre, quando iniziò il massacro di Marzabotto, io ero di pattuglia con la squadra sopra la galleria della ferrovia di Quercia e sentimmo gli spari che venivano da Cadotto.
Non sapevamo che il nostro comando era stato attaccato e che il Lupo era morto, però intuimmo che si trattava di una grande operazione.
Ci spostammo verso monte Caprara dove incontrammo Karaton e la compagnia dei sovietici e sostenemmo parecchi combattimenti fino verso sera.
Poi andammo a monte Sole dove trovammo il battaglione di Otello Musolesi e restammo in formazione tutto il giorno.
La notte scendemmo verso monte Salvaro e comincia a vedere dei partigiani feriti, fra i quali Gianni Rossi, vice comandante della brigata, che era fortunatamente uscito vivo dal combattimento di Cadotto dove il Lupo aveva trovato la morte.
Trovammo anche dei civili morti. Su tutta la zona infuriava armai la feroce rappresaglia di Reder.
Più attraversammo il fronte nella zona di Ca’ dei Veneziani e villa Elvira, in direzione di Monzuno, e a Ca’ Barbieri incontrammo le prime pattuglie americane.
Subito ci disarmarono, ma poi, quando. seppero chi eravamo, ci lasciarono liberi chiedendo in seguito anche la nostra collaborazione nelle operazioni al fronte.