Nella zona di Castelnuovo, sopra Monterenzio, alcuni gruppi partigiani erano già attivi verso la metà del settembre 1943.
Un primo gruppo aveva sede a Savazza, altri piccoli reparti si erano costituiti sopra Bisano, alle Lagune, ai Casoni di Romagna.
Alcuni di questi gruppi si unirono poi alla 36ª brigata Garibaldi e altri formarono la 62ª brigata.
I partigiani avevano trovato ospitalità nelle case dei contadini e altri si erano sistemati nei casolari abbandonati o quasi, che erano molti in quella zona povera e già fin d’allora in parte abbandonata.
L’8 settembre 1943 io ero un soldato sbandato e nella zona di Castelnuovo presi contatto con la Resistenza per tramite di Walter Bacchelli, cui ero stato presentato dalla staffetta Gianni.
La battaglia che mi è rimasta più impressa nella mente è quella che si è svolta proprio a Castelnuovo dove vi fu un duro combattimento fra partigiani e reparti tedeschi che avevano iniziato il rastrellamento della zona allo scopo di liberare i reparti al fronte dagli attacchi alle spalle.
Noi, come era nostra abitudine, facemmo seguire all’attacco lo sganciamento, perché non dovevano mai farci prendere da sorpresa in una battaglia che, del resto, non avremmo potuto, con i soli nostri mezzi, sostenere.
Il nostro scopo era quello di attaccare di sorpresa e di logorare le forze nemiche a ridosso del fronte.
Ricordo che quel giorno cinque dei nostri furono fatti prigionieri dai tedeschi e noi pure facemmo un prigioniero.
Poi ci spostammo verso i Casoni di Romagna, nell’alta valle del Sillaro, dove restammo per quasi due mesi e ogni giorno vi erano delle piccole azioni e dei rapidi scontri con i tedeschi con perdite, purtroppo, anche da parte nostra.
Ritornammo nella zona di Monterenzio in autunno, quando ai Casoni non si poteva più resistere.
Il fronte era ormai vicino e la nostra situazione diventava sempre più difficile.
Il comando della 62ª brigata decise allora che, a gruppi di sei, ci dovevamo dirigere verso Pianoro, in una zona dove il contatto con gli alleati poteva essere effettuato con minore rischio.
Il mio gruppo però fu individuato da una spia e così cademmo nelle mani delle SS. Il caso volle che i soldati della Wehrmacht ci vennero a prelevare di nascosto e ci sottrassero alle SS: chissà perché.
Non l’ho mai capito. Ci tennero prigionieri una notte e un giorno poi ci diedero il lasciapassare per Bologna.
In città mi unii allora alla 7ª brigata GAP e vi rimasi fino alla liberazione.